Velavevodetto ai Quiriti
00192 Roma, Italia
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Informazioni Generali
La nostra storia tra Prati e Testaccio
Prati è il XXII Rione di Roma, il suo simbolo è la sagoma del mausoleo di Adriano in azzurro su sfondo argento. In epoca romana il territorio dell’odierno Rione Prati consisteva in vigneti e canneti facenti parte delle proprietà di Domizia moglie di Domiziano (gli Horti Domitii), chiamati in seguito Prata Neronis ovvero Prati di Nerone. Durante il medioevo zona prese il nome di Prati di San Pietro. Fino al 1870 vi si estendeva una vastissima distesa di prati, acquitrini, orti e vigne sparsi di capanne, pochi casolari di ortolani e vignaioli, qualche villa signorile come quella degli Altoviti in riva al fiume o come, i casali degli Strozzi sotto la collina di monte Mario, vi erano inoltre alcune osterie per cacciatori. Questa zona era conosciuta come Pianella di Prati o Pianella d’Oltretevere, o ancora Prati di Castello, perché vicini a Castel S. Angelo. All’epoca si passava dall’una all’altra sponda del Tevere con qualche traghetto. Dopo il 1870 si ebbero i primi interventi di edilizia e di urbanizzazione, in parte già immaginati anche sotto il governo pontificio. All’inizio l’area fu utilizzata per le esercitazioni militari e una parte fu denominata Piazza d’Armi. Sotto il lungo governo di Giolitti (1893-1921) con l’amministrazione comunale di Roma presieduta dal sindaco Nathan, si ebbero gli interventi urbanistici volti ad affrontare i problemi che nascevano dall’eccezionale sviluppo di Roma. Nathan favorì una crescita delle città per quartieri, unità urbane autosufficienti, separate fra loro da zone verdi. Nel 1873 si inserì nel piano regolatore la costruzione di un quartiere di 65 ettari nella zona dei Prati di Castello, tale zona venne denominata nel 1921 Rione Prati, l’ultimo dei rioni di Roma, nato come quartiere che accogliesse sia le strutture amministrative del Regno d’Italia sia sia le residenze per i funzionari dello stato. L’impianto urbanistico stradale fu studiato in modo tale che nessuna delle nuove vie avesse come sfondo la cupola di San Pietro, a testimonianza dei rapporti tesi tra il nuovo stato italiano e il Vaticano, nell’epoca precedente la firma dei Patti Lateranensi. Per questo motivo i nomi delle vie del nuovo rione furono scelti tutti tra personaggi storici della Roma repubblicana e imperiale, condottieri e letterati della classicità latina e pagana, e tra gli eroi del Risorgimento, al quale fu dedicata la piazza principale. La strada principale del quartiere fu intitolata al tribuno e senatore romano Cola di Rienzo, un nobile romano che nel 1500 tentò di ripristinare la repubblica a Roma in contrasto col potere papale. Nel 1898 fu inaugurato il Teatro Adriano e nel 1911 fu completato il Palazzo di Giustizia in “Stile Neobarocco”, chiamato dai romani “il Palazzaccio”, entrambi in piazza Cavour. Tra viale delle Milizie e viale Giulio Cesare vennero costruite le caserme dell’Esercito e dei Carabinieri ed il Tribunale Civile di Roma. La costruzione del rione Prati si concluse nella prima metà del XX secolo, sebbene alcuni edifici più moderni siano stati costruiti successivamente, a scapito di villette preesistenti. Il rione Prati oggi è caratterizzato da strade ampie, nell’ottica di un impianto urbanistico geometricamente regolare, da palazzi eleganti in “Stile Umbertino” e da villette in stile”Liberty”.
Il cuore più antico di Roma è il Testaccio: oggi è famoso per essere un quartiere suggestivo, prossimo all'Ostiense, ricco di ritrovi notturni realizzati in caratteristici vani nel tufo. Quello che lo dota di grande fascino è il Monte omonimo, detto anche Monte dei cocci, alto cinquattaquattro metri sul livello del mare e interamente realizzato, nella sua tipica struttura a gradoni, con resti (cocci, appunto) di anfore e recipienti antichi, risalenti a epoca romana. Sull'origine del Monte molto si è discusso: alcuni lo hanno inteso come un antico deposito di laterizi ed affini, altri lo hanno considerato l'accumulo del materiale che venne portato via da Roma dopo la distruzione causata dall'incendio appiccato da Nerone, altri ancora come un luogo adibito all'accumulo dei materiali funerari che andavano distrutti nella vicina necropoli dell'Ostiense. La versione storicamente accreditata vede invece nel Monte dei cocci un deposito di anfore olearie, provenienti dall'Africa: gli studiosi divergono però sulla funzione di queste anfore, essendoci chi le considera i resti di quelle che venivano scaricate dal vicino porto sul Tevere, destinate alla vendita nei mercati, e chi invece ritiene che siano quelle inviate a Roma dalle provincie imperiali, a titolo di tributo che veniva pagato all'erario romano. La "discarica" del vicino porto fluviale dell'Emporium, fu utilizzata dalla tarda repubblica alla metà del III secolo. Nei secoli successivi lungo la base della collina vennero scavate delle grotte, adibite a cantine e stalle (i "grottini"), sulle quali si costruirono casette che oggi, ristrutturate, ospitano ristoranti e locali notturni, evoluzione delle antiche osterie che erano state meta delle feste e scampagnate dei romani. Ancora in epoca medioevale vi si celebrava il Carnevale, con i giochi crudeli e cruenti da sempre cari ai romani: si allestivano infatti tauromachie e la più popolare "ruzzica de li porci": carretti di maiali vivi venivano lanciati giù dalla collina e quando si sfracellavano in basso il popolo dava la caccia ai frastornati animali. Dal XV secolo - trasferito il carnevale in Via Lata per volontà di Paolo II - il monte divenne il punto di arrivo per la Via Crucis del Venerdì Santo, trasformandosi in un vero e proprio Golgota, come mostra la croce ancor oggi infissa sulla cima. Più tardi sarà meta privilegiata delle Ottobrate, le tipiche feste romane, che vedevano sfilare verso le osterie e le cantine del Testaccio i carretti addobbati a festa delle mozzatore, le donne che lavoravano come raccoglitrici d'uva nel periodo della vendemmia: tra canti, balli, gare di poesia, giochi e chiacchiere, ci si rinfrancava dal lavoro e soprattutto si 'innaffiava' il tutto con il vino dei Castelli Romani, conservato nelle cantine scavate alle pendici del monte.
Piazza dei Quiriti 4/5 Roma
- Orari di apertura
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Monday:12:30 - 15:00Martedì:12:30 - 15:00Mercoledì:12:30 - 15:00Giovedì:12:30 - 15:00Venerdì:12:30 - 15:00Sabato:12:30 - 15:00Domenica:12:30 - 15:00
- Numero di telefono
- +390636000009
- Linki
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- Parole chiave
- ristorante romano, ristorante, ristorante nicaraguense
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